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      Luciano mette in canzone questa e molte altre favole narrate da Omero, non perchè ei le stimasse prive di bellezza poetica, ma perchè il volgo le teneva per vere e le credeva religiosamente.
      (54) Allude al dilemma, detto anche argomento cornuto, e ad una specie di sillogismo detto del coccodrillo, del quale vedi un esempio nella Vendita.
      (55) Si poneva l’obolo in bocca ai morti per pagare il nolo a Caronte.
      (56) Aorno. Q. Curzio parla dell’Aorno, ròcca altissima delle Indie. Nel dialogo l’Ermotimo si fa un’altra volta parola di questo Aorno.
      (57) Nel testo è un certo bisticcio, che non avria avuto nè senso nè grazia tradotto in italiano a parola: onde io ho detta la stessa cosa con altra immagine: e credo di non aver fatto male.
      (58) Si sa che Pitagora vietava ai suoi discepoli il mangiar fave: e contano tra le calunnie e le beffe dette di questo filosofo, che ei dicesse esser tale misfatto il mangiarne, quale sarebbe mangiar la testa del proprio padre.
      (59) Questi versi ed i seguenti che proferisce Menippo, sono parodie d’Omero e di Euripide.
      (60) L’acqua del Coaspe, per la sua bontà, era bevuta dai re di Persia; ed era anche adoperata negl’incantesimi, come cosa rara ad aversi, e molto pregiata.
      (61) Quando muoiono i grandi, i corpi sono imbalsamati: però si dice che fanno i salumai per bisogno. (Scolio greco.)
      (62) Forse sul sepolcro di Filippo pose bottega qualche ciabattino. I principi hanno i sepolcri su le vie più frequentate per essere, anche dopo morte, ammirati: no, per cercar la limosina, dice il satirico.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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