Licino. O Ermotimo, al libro ed alla fretta che hai pare che corri dal maestro. Certamente pensavi a qualche cosa mentre camminavi; e agitavi le labbra, borbottavi, dimenavi la mano qua e là, come se recitassi fra te un discorso su qualche quistione sottile, o considerassi qualche punto difficile di filosofia. Oh, neppur camminando per via sei disoccupato, ma studii sempre qualche bella cosa, e profitti anche della via per imparare.
Ermotimo. Sì, o Licino, quasi t’apponi. Ruminavo la lezione di ieri, e mi ripetevo nella memoria tutto ciò che egli ci disse. Ei non deve perder briciola di tempo chi sa come è vero il detto del medico di Coo, che breve è la vita, e l’arte è lunga. Benchè egli lo disse della medicina, che s’impara più facilmente: ma la filosofia anche in lungo tempo non s’apprende se uno non istà sempre con gli occhi aperti e non istudia continuamente. E non si tratta di poca cosa: o esser misero, e andar perduto nel volgo degli sciocchi; o divenir filosofo, e beato.
Licino. È un premio inestimabile, o Ermotimo, il divenire beato. E credo che tu non ne sei lontano, se debbo argomentare dal tempo che ti sei dato alla filosofia, e dalle tante e smisurate fatiche che vi hai spese. Se ben mi ricorda son quasi vent’anni che non t’ho veduto far altro che correr pe’ maestri, e spesso star curvo sovra uno scartafaccio, e scrivere i ricordi delle lezioni, sempre pallido e macilento per il gran pensare: e credo che tu non debba neppure dormire, tanto ti sprofondi nello studio.
| |
Ermotimo Licino Coo Ermotimo
|