E però mi pare che tra breve tu giungerai alla beatitudine; se pure non vi sei giunto, e non vuoi farcelo sapere.
Ermotimo. Come giunto, o Licino, se ora entro in questa via? La casa della Virtù sta lontano assai, come dice Esiodo; e la via che mena ad essa è lunga, erta, faticosa, e fa molto sudare chi vi cammina.
Licino. E non basta quanto tu hai sudato e camminato?
Ermotimo. Oh, no. Io sarei beatissimo se fossi sulla cima: ma, o Licino mio, io sono ancora in principio.
Licino. Ma il principio è la metà di tutto, dice lo stesso Esiodo; onde se dicessimo che tu già sei a mezza salita, non diremmo poi uno sproposito.
Ermotimo. Tutt’altro! se così fosse avrei fatto moltissimo.
Licino. Dunque a che punto della via diremo che sei?
Ermotimo. Appiè del monte, o Licino: testè ho presa la salita, che è sdrucciolevole ed aspra, ed ho bisogno di chi mi stenda una mano.
Licino. Cotesto può fartelo il tuo maestro: il quale dalla vetta, come il Giove d’Omero, calandoti la catena d’oro de’ suoi discorsi, ti trarrà e ti leverà a sè ed alla Virtù, su quell’altezza dove ei da tanto tempo è salito.
Ermotimo. E questo è il punto, o Licino: se stesse a lui, m’avria già tratto su, ed io ci sarei; ma manca ancora per me.
Licino. Oh, devi confidare e star di buon animo, considerando il termine della via, la felicità che è lassù, e specialmente che hai lui per maestro e duca. Ma che speranze ti dà? vi salirai una volta? Forse l’anno venturo sarai in cima, dopo gli altri misteri, o dopo le Panatenee?
Ermotimo.
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