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      Noi in cose sì grandi non dobbiamo avventurarci temerariamente, nè mettere le nostre speranze, come dice il proverbio, in un cesto per tragittare l’Egeo o l’Ionio. Ei non è ragionevole di biasimar la fortuna, se tirando con l’arco non si dà nel segno vero, il quale è uno, tra mille falsi, quando neppure l’arciero d’Omero riuscì ad imberciare, mirò nella colomba, e col dardo tagliò la fune: ei fu Teucro, credo.(12) Ma egli è molto più ragionevole attendersi di cogliere in tutt’altro segno, che in quell’uno proposto. E che il pericolo non sia piccolo, se invece di andar per la via diritta, ci troviamo smarriti in una di queste vie strane, sperando che fortuna scelga meglio di noi, vo’ mostrartelo con un esempio. Chi si è affidato al vento ed ha sciolto dal lido non può più tornare indietro e salvarsi facilmente, ma per necessità è trabalzato dal mare, e sente gran nausea, e timore, e gravezza di testa. Doveva egli prima di mettersi in mare salir sopra un’altura, ed osservare se il vento è favorevole a chi vuol navigare a Corinto, e, per Giove, provvedersi di un ottimo pilota, e di nave con buoni fianchi da reggere all’urto dei flutti.
      Ermotimo. Questo è il partito migliore, o Licino. Ma io so che tra quanti ce ne ha, non troveresti guide migliori e piloti più pratici degli stoici: e se vuoi giungere a Corinto, segui essi, va su le orme di Crisippo e di Zenone: diversamente è impossibile.
      Licino. Ma cotesto che tu mi di’, o Ermotimo, non lo dicono tutti? Lo stesso mi direbbe un discepolo di Platone, un seguace di Epicuro, e ciascun altro, che io non anderei a Corinto se non con lui.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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