— Così direbbero ragionevolmente: e forse qualche filosofo di quelli mi si volterebbe, dicendomi: — Dimmi un po’, o Licino, se un Etiope che non ha mai veduti altri uomini, come siamo noi, per non essere mai uscito del suo paese, in un’adunanza di Etiopi affermasse che in nessuna parte della terra ci sono uomini bianchi o biondi, ma tutti son neri, saria egli creduto dai suoi? Forse qualche vecchio etiope gli risponderia: E tu donde il sai, o prosuntuoso, se non cacciasti mai il capo fuori del guscio, nè sai che c’è negli altri paesi? — Dovrei dire io che il vecchio ha ragione? Tu che mi consigli, o Ermotimo?
Ermotimo. Sì, mi pare che abbia tutta la ragione del mondo.
Licino. E pare anche a me. Ma quel che viene appresso non so se ti parrà così: a me pare, a me.
Ermotimo. E qual è?
Licino. Quel filosofo certamente continuerà a parlare, e mi dirà: — Nello stesso conto adunque è tenuto da noi, o Licino, chi, conoscendo solamente gli stoici, come cotesto tuo amico Ermotimo, non ha viaggiato mai, non è stato nè da Platone, nè da Epicuro, nè da alcun altro. Or quando egli dice che nelle altre sètte non v’è tanto di bello e di vero quanto ve n’è nella Stoa e nelle sue dottrine, non pare anche a te che egli sia un prosuntuoso, che vuol sentenziare di tutte le cose, non conoscendone che una sola, non avendo mai messo un piede fuori dell’Etiopia? — Che potrei rispondere io? La pura verità: cioè che noi abbiamo bene apprese le dottrine degli stoici per una certa voglia di filosofare secondo essi: e che nondimeno non ignoriamo le dottrine degli altri, perchè il maestro anche ce le espone, e spiegandole le confuta.
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