Ermotimo. Queste son cose da ciarlatano, o Licino, non da te. Ma dimmi, hai tu mai comperato vino?
Licino. Sì, molte volte.
Ermotimo. E sei andato per tutti i vinai della città, assaggiando, paragonando, e giudicando i vini?
Licino. No.
Ermotimo. Credo che come hai trovato il buono e che faceva per te, te l’hai preso.
Licino. Sì certamente.
Ermotimo. E da quel picciol saggio potevi dire come era tutto il vino?
Licino. Potevo.
Ermotimo. Ora se tu andassi dai vinai, e dicessi: Io vo’ comperare un fiaschetto di vino, datemi bere di tutta la botte ciascun di voi, acciocchè io la provi tutta, e veda chi ha il vino migliore, e da chi comperarlo. Se tu dicessi così, non ti riderebbono in faccia, e, se poco li noiassi, non ti risciacquerebbero il capo?
Licino. Lo credo; e lo meriterei.
Ermotimo. Così anche nella filosofia: che bisogno è bere la botte, quando da un picciol saggio puoi conoscere come è tutto il vino?
Licino. Come mi sdruccioli, o Ermotimo, come mi sfuggi delle mani! Ma meglio così: credevi sguizzartela, e sei dato proprio nella nassa.
Ermotimo. E come?
Licino. Tu mi prendi una cosa comune e conosciuta a tutti, che è il vino, e me la paragoni ad una cosa dissimilissima ed oscura, e di cui tutti contendono. Io non saprei dire, come te, che la filosofia sia simile al vino, se non in questo solo che i filosofi ne smaltiscono i precetti alla guisa di vinai, con mistura, impostura, e cattiva misura. Ma via, consideriamo un po’ ciò che tu dici. Tu dici che tutto il vino della botte è simile a tutta la filosofia: benissimo; e che se uno ne spilla e ne assaggia un centellino, conoscerà tosto com’è tutta la botte; e che per conseguenza tu m’hai turata la bocca.
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Licino Ermotimo
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