Ma dimmi un’altra cosa, che pure è una conseguenza: la filosofia ed i filosofi, pognamo il tuo maestro, ragiona ogni giorno d’una e medesima cosa, o pure ora di una, ora di un’altra? Certamente di molte; se no, tu, o amico mio, non saresti rimaso vent’anni con lui, scorrendo e sbattendo, qua e là come Ulisse: se diceva la stessa cosa ti bastava udirlo una volta sola.
Ermotimo. Oh, come no?
Licino. E come al primo gusto non avresti conosciuto tutto? Egli non diceva la medesima cosa, ma sempre di nuove e di varie: non era sempre lo stesso vino. Onde, o amico mio, se non bevi tutta la botte, ti ubbriachi indarno; perchè pare che un Dio abbia nascosto il buono della filosofia al fondo della botte, e proprio sotto la feccia: però conviene votarla e sgocciolarla tutta, o non troveresti mai quel sorso di néttare del quale mi sembri assetato da tanto tempo. Tu ti se’ dato a credere che se ne gusti e ne sorsi pure un centellino, tosto diventerai sapientissimo; come la profetessa in Delfo poi che beve dell’onda sacra, subito è invasata dal Dio, e rende oracoli. Ma pare che non sia così; tu hai bevuto quasi mezza la botte, e dicevi che sei ancora in principio. Ora vedi se io trovo miglior paragone alla filosofia. Rimanga quel tuo vinaio, e la botte, piena non di vino ma di ogni maniera di sementi, per modo che sopra vi sia grano, sotto fave, più sotto orzo, poi lenti, poi ceci, ed altri legumi. Tu vai per comperar sementi, e quegli pigliando una brancata del grano che sta sopra, te ne presenta una mostra: or tu riguardando il grano sapresti dire se i ceci son buoni, le lenti cottoie, le fave non bacate?
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