Se poi ha battuta la madre, e rapita una fanciulla, che vi posso fare io? voi non m’avete fatto suo pedagogo. — Questo disse il vecchio intorno alla filosofia. Dirai anche tu, o Ermotimo, che dobbiamo star contenti a filosofare col solo fine di non far niente di gran male? o pure con altre speranze ci mettemmo a filosofare, non per portare addosso un po’ di vernice che ci distinguesse dal volgo ignorante? — Neppure a questo mi rispondi?
Ermotimo. E che ti posso rispondere, se non che quasi mi vengon le lagrime? tanto mi ha toccato la verità del tuo discorso! e mi duole, misero a me, di quanto tempo ho perduto, e de’ gran danari che ho gittati con tante fatiche vane. Ora sì, come risvegliato da un’ubbriachezza, vedo di che m’innamorai, e per che tanto mi affaticai.
Licino. Ma che pro il pianto, o amico mio? Esopo contò una bella favola. Un uomo seduto sul lido dove frangeva il mare, annoverava le onde: ed avendo sbagliato il conto, se ne stava tutto mesto senza saper che si fare: finchè gli si accostò una donnoletta, e dissegli: Perchè t’affanni? comincia ad annoverar da questa, e lascia le passate. Anche tu dunque, se così ti pare, farai meglio per l’avvenire a vivere come tutti gli altri uomini, non perderti dietro vane e strane speranze, e non vergognarti, giacchè hai fatto senno, che, essendo già vecchio, muti studi e via per andare al meglio. Tutte queste cose non credere, o amico mio, che io ho voluto dirtele per male che io voglia alla Stoa, o per qualche privata nimicizia contro gli stoici: io ho parlato in generale: e t’avrei detto lo stesso se tu fossi stato della setta di Platone o di Aristotele, e avessi condannati gli altri in contumacia: ma perchè tu volesti essere stoico, il ragionamento è entrato un po’ più nella Stoa: ma io non l’ho affatto con essa.
| |
Ermotimo Stoa Platone Aristotele Stoa
|