Il povero Armonide non potè valersi di questo consiglio, perchè, si dice, sonando la prima volta a gara, e sforzandosi di troppo per non essere sgarato, spirò col flauto in mano, e senza corona si morì su la scena: e quella fu la prima e l’ultima volta che ei sonò nelle Dionisiache. Intanto il consiglio di Timoteo a me pare che fu dato non ai soli flautisti nè al solo Armonide, ma a quanti desiderano gloria, e dando qualche pubblico saggio dell’arte loro, vogliono la lode popolare. Ed io, quando anch’io ebbi questo pensiero, e cercai come subito acquistar fama, andavo considerando, secondo il consiglio di Timoteo, chi fosse il migliore di questa città, in cui tutti confidassero, e che mi valesse per tutti. E costui dovevi essere tu per tutte le ragioni, chè sei specchio di ogni virtù, e regola agli altri in queste cose. Pensavo se io mostrassi a te le cose mie, e tu le lodassi (ed oh! potessero parerti lodabili!) non avrei più che desiderare, otterrei tutti i suffragi in uno solo. E chi altro io poteva preferire a te, e non esser tenuto pazzo? A dire che mi confidavo in un solo uomo pareva come mettermi ad uno sbaraglio: ma in verità poi era come un recitare i miei discorsi innanzi a tutto il mondo, perchè tu solo mi valevi più di ciascuno e più di tutti insieme. I re di Sparta danno ciascuno due suffragi, quando ogni altro ne dà uno: tu dài ancora quello degli efori e degli anziani: insomma tu nella dottrina puoi dare più suffragi di tutti gli altri, specialmente perchè getti nell’urna sempre la palla bianca e salvatrice, il che mi dà animo in questa ardita impresa, che mi fa giustamente temere.
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