Se la storia accoglie siffatte adulazioni, che altro ella diventa se non una poesia pedestre, priva di poetica magniloquenza, e che senza versi, però senza bellezza, racconta tante bugie? Grande, anzi stragrande è questo errore di non distinguere ciò che conviene alla storia, e ciò che alla poesia, ed introdurre nella storia i vezzi e gli ornamenti poetici, la favola, l’encomio, e le altre pompose esagerazioni: come se ad un atleta robusto, e di quelli che paion proprio querce, uno mettesse indosso una gonnella di porpora ed altri ornamenti di cortigiana, e gli dipingesse ed imbellettasse la faccia. Per Ercole! come lo renderebbe ridicolo, come lo brutterebbe con quello adornamento! Non dico io già che non si debba lodare nella storia talvolta, ma si deve lodare a tempo opportuno, e con certa misura, e da non dispiacere agli avvenire che leggeranno, perocchè in questo bisogna aver molto riguardo alla posterità, come dirò fra poco. Coloro poi i quali credono che la storia contenga due parti, il dilettevole e l’utile, e però v’introducono l’encomio, come quello che diletta e rallegra i leggitori, vanno assai lungi dal vero. Questa distinzione è falsa perchè uno è il fine della storia, l’utile, che si ottiene dal solo vero. Se vi si aggiunge il dilettevole, è meglio, come la bellezza all’atleta: se no, Nicostrato d’Isidoto sarà sempre tenuto un altro Ercole, perchè prode e più forte di due lottatori, benchè sia bruttissimo d’aspetto: e il bello Alceo di Mileto lotterà con lui, e diverrà, come dicono, innamorato di Nicostrato.
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