Per me poi, fra le altre cose che io biasimavo di Afranio, che si ricordò solamente delle salse e dei manicaretti, e pianse alla memoria dei pasticci, io più lo biasimavo perchè doveva prima ficcare la spada in corpo allo scrittore ed autore di quella commedia, e poi morire.
Molti altri simili a costoro io potrei annoverarti, o amico mio; ma bastino quelli che ho ricordati: trapasso ora alla seconda parte, che ho promessa, al modo come si deve scrivere bene. Vi ha alcuni che tralasciano o leggermente toccano i grandi fatti e degni di memoria; e per isciocchezza, per inettezza, per non sapere che dire e che tacere, si affaticano a narrare minutamente le minime inezie. Come se uno non vedesse quale e quanta è la bellezza del Giove Olimpio, non la lodasse, non la descrivesse a chi non l’ha veduto, ma ammirasse il piedistallo squadrato e polito, e la base proporzionata, e di questo solo parlasse accuratamente. Io udii uno che in meno di sette parole si spacciava della battaglia d’Europo, e più di venti volte fe’ voltare l’oriuolo ad acqua per una fredda narrazione che non importava proprio niente: come un cavaliere mauro, di nome Mausaca, assetato errando su per le montagne, s’avvenne in certi contadini siri, che avevano apparecchiato da mangiare, e che al primo vederlo si spaurirono, ma poi conosciuto che era de’ nostri, lo accolsero e lo fecero mangiare con loro; e che per caso uno di essi era stato anch’egli in Mauritania dove suo fratello era soldato. E qui favole e racconti lunghissimi: che in Mauritania egli era stato a caccia, e aveva veduto pascere le truppe di elefanti; che mancò per poco che un leone non lo sbranò; e che comperò bei pesci in Cesarea.
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