Sciogliendo una volta dalle colonne d’Ercole, ed entrato nell’oceano occidentale facevo vela con buon vento. Mi messi a viaggiare per curiosità di mente, per desiderio di veder cose nuove, per voglia di conoscere il fine dell’oceano, e quali uomini abitano su quegli altri lidi. Per questo effetto avevo fatto grandi provvisioni di vettovaglie, e di bastante acqua; scelti cinquanta giovani della mia intenzione; m’ero provveduto d’una buona quantità di armi; avevo preso un pilota con buonissima paga, ed una nave (era una buona caravella) da poter durare a lunga e forte navigazione. Un giorno adunque ed una notte con vento favorevole navigando, vedevamo ancor la terra di lontano, e andavamo oltre senza troppa violenza: ma l’altro giorno col levare del sole il vento rinforzò, il mare gonfiossi, si scurò l’aria, e non fu possibile più di ammainare la vela. Messici alla balía del vento, fummo battuti da una tempesta per settantanove giorni: nell’ottantesimo comparso a un tratto il sole, vedemmo non lontano un’isola alta e selvosa, intorno alla quale non frangeva molto il mare, perchè il forte della tempesta era passato. Approdammo adunque, e sbarcati, ci gettammo a terra stanchi di sì lungo travaglio, e così stemmo lungo tempo. Poi surti in piè, scegliemmo trenta compagni che rimasero a guardia della nave, e venti vennero con me per iscoprire com’era fatta l’isola. Non c’eravam dilungati un tre stadii dal mare per la selva, e vediamo una colonna di bronzo scritta di lettere greche appena leggibili e róse, che dicevano, Fino qui giunsero Ercole e Bacco.
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Ercole Ercole Bacco
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