V’erano ancora lì vicino due orme di piedi sovra una pietra, la prima d’un jugero, l’altra meno: e credetti questa di Bacco, l’altra di Ercole. Noi adorammo, e proseguimmo. E andati non molto innanzi, giungemmo sopra un fiume che scorreva vino similissimo a quel di Chio. Il fiume era largo e pieno, e in qualche luogo da potersi navigare. Tanto più c’inducemmo a credere alla scritta della colonna, vedendo i segni dell’arrivo di Bacco. Venutami vaghezza di conoscere onde nasceva il fiume, montammo tenendoci sempre alla riva; e non trovammo alcuna fonte, ma molte e grosse viti piene di grappoli: ed alla radice di ciascuna stillavano gocciole di vino puro, donde formavasi il fiume. Nel quale erano ancora molti pesci, che avevano il colore ed il sapore del vino, e noi avendone pescati alquanti, e mangiatili, c’imbriacammo: anzi quando li aprimmo, li trovammo pieni di feccia e di vinacciuoli. Dipoi pensammo mescolarli con altri pesci d’acqua, e così venne non troppo forte un manicaretto di vino. Valicato il fiume dove era il guado, trovammo un nuovo miracolo di viti. La parte di giù che uscia della terra era tronco verde e grosso: in su eran femmine, che dai fianchi in sopra avevano tutte le membra femminili, come si dipinge Dafne nell’atto che Apollo sta per abbracciarla ed ella tramutasi in albero. Dalle punte delle dita nascevano i tralci, che erano pieni di grappoli: e le chiome de’ loro capi erano viticci, e pampini, e grappoli. Come noi ci avvicinavamo elle ci salutavano graziosamente quale parlando lidio, quale indiano, e molte greco; e con le bocche ci scoccavano baci, e chi era baciato subito sentiva per ubbriachezza aggirarglisi il capo.
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