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      Durante la mia dimora nella Luna, io ci vidi cose nuove e mirabili, le quali voglio raccontare. Primamente là non nascono di femmine ma di maschi; fan le nozze tra maschi; e di femmine non conoscono neppure il nome. Fino a venticinque anni ciascuno è moglie, dipoi è marito: ingravidano non nel ventre, ma nei polpacci delle gambe: conceputo l’embrione, la gamba ingrossa; e venuto il tempo vi fanno un taglio, e ne cavano come un morticino, che espongono al vento con la bocca aperta, e così lo fan vivo. E credo che di là i Greci han tratto il nome di ventregamba, che danno al polpaccio, il quale li divien gravido invece del ventre. Ma conterò una cosa più mirabile di questa. È quivi una specie di uomini detti Arborei, che nascono a questo modo. Tagliano il testicolo destro d’un uomo, e lo piantano in terra: ne nasce un albero grandissimo, carnoso, a forma d’un fallo, con rami e fronde, e per frutti ghiande della grossezza d’un cubito: quando queste sono mature le raccolgono, e ne cavano gli uomini. Hanno i genitali posticci; alcuni di avorio, i poveri di legno, e con questi si mescolano e si sollazzano coi loro garzoni. Quando l’uomo invecchia non muore, ma come fumo vanisce nell’aere. Il cibo per tutti è lo stesso: accendono il fuoco, e su la brace arrostiscono ranocchi, dei quali hanno una gran quantità che volano per aria: e mentre cuoce l’arrosto, seduti a cerchio, come intorno ad una mensa, leccano l’odoroso fumo e scialano. E questo è il cibo loro: per bere poi spremono l’aria in un calice, e ne fanno uscire certo liquore come rugiada.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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