Molti avendo perduti i loro se li fanno prestare per vedere: e i ricchi ne hanno le provviste. Le orecchie poi sono frondi di platano: quei che sbocciano dalle ghiande le hanno di legno. Ed un’altra meraviglia vidi nella reggia. Un grandissimo specchio sta sopra un pozzo non molto profondo: chi scende nel pozzo ode tutte le parole che si dicono da noi sulla terra; e chi riguarda nello specchio vede tutte le città ed i popoli, come se li avesse innanzi: ed io ci vidi tutti i miei, ed il mio paese: se essi videro me non saprei accertarlo. Chi non crede tutte queste cose, se mai monterà lassù, saprà come io dico il vero.
Preso adunque commiato dal re e dai suoi, c’inbarcammo e partimmo. Endimione mi donò due tuniche di vetro, cinque di rame, ed un’intera armatura di lupini, che io lasciai tutte nella balena. Mandò con noi mille ippogrifi per accompagnarci fino a cinquecento stadi. Nel navigare passammo vicino a molte terre, approdammo ad Espero dove la colonia era giunta di fresco, e vi scendemmo per fare acqua. Entrati nel Zodiaco, rasentammo il Sole a sinistra, ma non vi scendemmo, benchè molti compagni desiderassero scendervi: il vento non lo permise: pur tuttavia vedemmo il paese coperto di verdura, e grasso e inaffiato, e pieno di molti beni. Come ci scorsero i nubicentauri, che erano assoldati da Fetonte, ci volarono alla nave, ma conosciuto che eravamo alleati, si ritirarono. Già anche gl’ippogrifi se n’erano tornati, e noi navigando tutta la notte e il giorno appresso con la prora sempre giù, sul far della sera giungemmo a Lucernopoli, città sita nell’aere tra le Pleiadi e le Jadi, ed è più basso del Zodiaco.
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