Di foglie ci facciamo i letti, bruciam fuoco abbondante, prendiam con le reti gli uccelli che volano, e peschiamo vivi i pesci che entrano ed escono per le branchie della balena: qui ci laviamo ancora, quando ci piace, chè v’è un lago non molto salato, di un venti stadi di circuito, pieno d’ogni maniera di pesci, dove e nuotiamo e andiamo in un burchiello che io stesso ho costruito. Son ventisette anni da che siamo stati inghiottiti: e forse potremmo sopportare ogni altra cosa, ma troppo grave molestia abbiamo dai nostri vicini, che sono intrattabili e salvatici. – E che? diss’io, sono altri nella balena? – Molti, rispose, e inospitali, e di stranissimo aspetto. Nella parte occidentale della selva, cioè verso la coda, abitano gl’Insalumati, gente con occhi d’anguille e facce di granchi, pugnaci, audaci, crudeli. Al lato destro sono i Tritonobecchi, simili agli uomini all’insù, e all’ingiù ai pesci spada: questi sono meno tristi degli altri: al lato sinistro i Granchimani e i Capitonni, che hanno fatta lega e comunella fra loro: nel mezzo abitano gli Sgranchiati e i Piedisogliole, gente guerriera e velocissima: la parte orientale presso la bocca è tutta deserta, perchè battuta dal mare. Io poi tengo questo luogo pagando ogni anno ai Piedisogliole un tributo di cinquanta ostriche. Così fatto è il paese: e noi dobbiamo vedere come poter combattere con tante genti, e come viverci. – Quanti sono tutti questi? diss’io. – Più di mille, rispose. – E che armi hanno? – Non altro che spine di pesci.
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