Valletti e scalchi sono i venti: non v’è bisogno coppieri, perchè intorno al banchetto sono grandi alberi di lucentissimo vetro, i quali per frutti producono tazze d’ogni fatta, e grandezza. Quando uno viene al banchetto coglie una o due di quelle tazze, e se le mette innanzi e quelle subito da sè medesime si riempiono di vino: così bevono. Invece di ghirlande i rosignuoli e gli altri uccelli melodiosi dal vicino prato raccolgono i fiori nel becco, e ne spargono un nembo sovr’essi cantando e volando. Gli unguenti sono sparsi così: certe nuvolette dense tirano unguento dalle fonti e dal fiume, e librate sul banchetto, mosse leggermente dai venti, piovono una spruzzaglia fina come rugiada. Nel desinare usano musiche e canti: sono cantati specialmente i versi d’Omero, il quale è lì presente, e banchetta coi Beati, ed è adagiato vicino ad Ulisse. Vi sono cori di fanciulli e di vergini: li guidano e gli concertano Eunomo di Locri, Arione di Lesbo, e Anacreonte, e Stesicoro ancora che vedemmo lì già rappattumato con Elena.(29) Quando cessano questi cori di cantare, ne vengono altri di cigni, di rondini, di rusignoli, e quando hanno cantato anche questi, allora tutto il bosco risponde con un suono che pare di flauti, e i venti battono il tempo. Ma la maggior consolazione è questa: vi sono due fonti vicino al banchetto, una del riso, un’altra del piacere: tutti quanti prima di banchettare tolgono una buona sorsata o dell’una o dell’altra, così banchettano piacevoleggiando e ridendo.
Ora voglio parlare degl’illustri che ci vidi.
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Omero Beati Ulisse Eunomo Locri Arione Lesbo Anacreonte Stesicoro Elena
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