De’ poeti per verità Omero superò tutti, pure Esiodo fu vincitore. Il premio per tutti era una corona intrecciata di penne di pavone.
Finiti allora i giuochi, si annunzia che i carcerati nel paese degli empi, rotte le catene e vinti i custodi, venivano ad assalir l’isola, guidati da Falaride d’Agrigento, da Busiride l’egiziano, da Diomede il trace, da Scirone ancora, e dal Piegapini. A questa novella Radamanto schiera gli eroi sul lido: li capitanavano Teseo, Achille ed Aiace Telamonio già rinsavito. Si venne a battaglia, e vinsero gli eroi per le gran valentie di Achille. Si portò da bravo anche Socrate, che stava nell’ala destra, molto meglio che non combattè a Delio quando era vivo; chè all’avvicinarsi dei nemici, non fuggì, nè voltò faccia: e però gli fu dato di poi in premio del valore un bel giardino suburbano, dove egli si raccoglieva con gli amici a ragionare, e lo chiamava la Mortacademia. Presi adunque i vinti, e legati, furono rimandati a pene maggiori. Omero scrisse anche questa battaglia, e quand’io me ne andai, ei mi diede il libro per portarlo tra gli uomini; ma poi con tante altre cose io lo perdei; pure mi ricorda che il poema cominciava così:
Ed or cantami, o Musa, la battagliaDe’ morti eroi.
Fu cotto un calderone di fave, come usano quando si celebra la vittoria d’una battaglia, e si messero a scialare, e fare una gran festa: solo non vi prese parte Pitagora, che se ne stette digiuno e lontano, abbominando egli il mangiar fave.
Essendo già trascorsi sei mesi e metà del settimo, avvenne nuovo caso.
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