Hanno grandi navigli, che sono zucche lunghe sessanta cubiti. Quando sono secche le vuotano, ne cavano la midolla, e vi navigano armandole con alberi di canna e con vele fatte di foglie di zucche. Ci assaltano adunque con due di quelle loro fuste bene armate, ci combattono, feriscono molti scagliandoci, invece di pietre, grossi semi di zucche. Durava incerta la battaglia, quando verso mezzodì vediamo dietro i Zucchepirati venire a vele gonfie i Nocinauti, loro sfidati nemici, siccome poi si vide. Come quelli si accòrsero d’essere assaliti, lasciarono noi, e si rivolsero a combattere, e noi levata la vela fuggimmo, lasciandoli che s’accapigliavano tra loro. Parveci che il vantaggio l’avessero i Nocinauti, perchè avevano cinque navigli bene armati e più forti: i navigli erano mezzi gusci di noci, vuotati, ed ogni mezzo guscio aveva la lunghezza di quindici cubiti. Perdutili di vista, ci demmo a curare i feriti: e da allora in poi stemmo sempre su l’armi, aspettandoci qualche altra insidia: e ci giovò. Chè non s’era ancora corcato il sole, e da un’isola deserta ci vengono sopra con gran furia una ventina d’uomini cavalcanti sopra delfini: eran questi anche ladri, e i delfini che li portavano galoppavano e nitrivano come cavalli. Avvicinatisi sparpagliansi chi di qua chi di là, e ci scagliano ossi di seppie, ed occhi di granchi: e noi con dardi e saette li respingiamo: sicchè avuti parecchi feriti, fuggirono a rimbucarsi nell’isola.
Verso la mezzanotte, essendo bonaccia, urtammo senza addarcene in un grandissimo nido d’alcione, che aveva un sessanta stadii di circuito: sovr’esso stava l’alcione che covava le uova, e non era minore del suo nido, per modo che quando si levò per poco non fece affondare la nave col vento delle ali.
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