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      Anzi dicevasi che cominciò l’oppressura spintovi dal figliuolo, non di sua voglia: chè d’indole ei non era tiranno, ma cieco per quel figliuolo, lo amava di troppo, come infatti dimostrò, lo secondava in tutto, faceva il male che quei voleva, puniva coloro che quegli indicava, gli obbediva in ogni cosa: insomma era tiranneggiato da lui, e ubbidiva a tutti i capricci del figliuolo. Il giovane poi per rispetto dell’età gli cedeva in onore, e si asteneva dal solo nome di principe; ma egli era il tutto e l’anima della tirannide; egli ne assodò ed assicurò la potenza; ed egli solo godeva il frutto delle ingiustizie. Egli era quello che s’accerchiava di satelliti, che comandava le guardie, che vessava i sudditi, che spauriva chi levasse il capo: egli lo storpiatore dei garzoni, l’insultator delle nozze, il rapitor delle vergini: le uccisioni, i bandi, le confische, i tormenti, gli oltraggi, tutto era opera sua. Il vecchio lo secondava, gli dava mano, e non faceva che lodarne le scelleratezze. Sicchè lo stato nostro era divenuto insopportabile: chè quando mal volere s’aggiunge a gran potere trapassa tutti i termini delle ribalderie. Più di tutto ci cuoceva il sapere che la nostra servitù saria stata lunga, anzi eterna; che la città saria come per successione passata da un padrone ad un altro peggiore, ed il popolo divenuto una roba ereditaria. Per gli altri non è piccola speranza il poter pensare, e dire fra sè: Ma finirà, ma pur creperà, e subito sarem liberi. Per noi questa speranza non v’era: anzi vedevam già pronto il successore.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538