Subito morire, subito perdere la conoscenza, senza vedere nessuno spettacolo come questo, non è pena per tiranno. Io non ignorava, come nessun altro ignorava, quanto amore egli portava al figliuolo, e come non gli saria sopravvissuto d’un sol giorno. Tutti i padri sono così fatti verso i figliuoli, ma costui più degli altri: ed a ragione, perchè questo figliuolo era il solo custode e difensore della tirannide, presidio del padre, sostegno della signoria. Onde se non per amore, io ero certo ch’ei saria morto per disperazione, toltogli il sostegno del figliuolo. Con tutte queste punte io l’ho trafitto, con l’amore, la disperazione, il terrore, lo spavento del futuro. Con queste armi l’ho trafitto, e spinto a quell’ultimo passo. Eccovelo morto senza figliuoli, dolente, piangente, straziato da strazio breve sì, ma bastante per un padre, e morto di sua mano, che è morte miserrima, e più amara che quella di mano altrui.
Dov’è la mia spada? forse altri la riconosce per sua? forse apparteneva ad alcun altro? chi la portò in palazzo? chi l’usò innanzi al tiranno? chi gliela ficcò nel corpo? O spada, compagna e continuatrice delle mie imprese, dopo tanti pericoli, dopo tante morti, siamo spregiati e tenuti immeritevoli di premio. Se io solamente per questa vi chiedessi un onore, e vi dicessi: «O cittadini, volendo il tiranno morire e trovandosi inerme, questa mia spada lo servì, e fu lo strumento della comune libertà;» non credereste voi degno di onore e di premio il padrone di uno strumento che ha fatto tanto bene al popolo? non la terreste come vostra benefattrice? non appendereste questa spada in un tempio? non l’avreste come cosa sacra?
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