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      Vorrei che la medicina avesse tale un rimedio che potesse guarire non pure i pazzi, ma anche quelli che si sdegnano senza giusta cagione, che così guarirei ancora quest’altra malattia di mio padre. Adesso la pazzia gli è passata, e l’ira gli è cresciuta: e quel che è peggio, con tutti gli altri è savio, e con me solo che l’ho curato è pazzo. E vedete qual mercede io ricevo della mia cura, sono diredato un’altra volta da lui, nuovamente fatto stranio alla famiglia, sono stato raccettato per breve tempo quasi per essere ricacciato con maggiore ignominia. Io nelle cose possibili non aspetto comando: e testè senza chiamata venni al soccorso: ma quando è caso del tutto disperato, io non ci voglio neppure metter mano. E con questa donna a ragione io non mi arrischierei; perchè penso che mi farebbe mio padre, se io sbagliassi, quando io non ho neppur cominciata la cura, ed ei mi ha diredato. Mi dispiace adunque, o giudici, per la madrigna gravemente ammalata, perchè ella era una buona donna, e per mio padre che ne è afflitto; ma specialmente per me che sembro disubbidirgli, e non posso fare ciò che egli m’impone, sia per la gravezza del male, sia per la impotenza dell’arte. Nondimeno credo che non sia cosa giusta diredare uno che quando non può fare una cosa neppure te la promette.
      Per quali colpe adunque egli mi diredò la prima volta facilmente si vede da queste di che ora mi accusa: a quelle io credo di avere a bastanza risposto con la vita che ho menato dipoi; a queste risponderò come posso dopo che v’avrò narrato alquanto de’ casi miei.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538