Questo fatto rallegrò molte persone dabbene lì presenti: seppe agro a quelli che volevano vedermi piuttosto diredato che raccettato: ed io m’accòrsi bene che non tutti c’ebbero piacere, ma vi fu alcuno che subito mutò colore, e si trasfigurò negli occhi e nella faccia, come chi sente odio o invidia. Noi poi eravam giustamente lieti e consolati, essendoci l’un l’altro riacquistati.
Indi a poco la madrigna cominciò ad ammalare d’un male, o giudici, grave e strano. Da che cominciò la malattia io ne osservai l’andamento: non era una specie di pazzia semplice e superficiale, ma un male antico e profondo che si scatenò e rovesciò fuori. Noi abbiamo molti e diversi segni della pazzia incurabile; ma in questa donna ne osservai uno nuovo: che innanzi agli altri ella è quieta e tranquilla, e allora la malattia fa tregua; ma se ella vede il medico, o l’ode pur nominare, va subito in furore: e questo è indizio di malattia che non può guarire. Vedendo questo io m’affliggevo, e compativo quella buona donna troppo sventurata. Ma mio padre nella sua ignoranza (che non conosceva qual’era l’origine del male, e quale la cagione, e quale il grado) m’ingiunse di curarla, e darle lo stesso rimedio, credendo egli esserci una sola specie di pazzia, una sola malattia, e la stessa infermità volere la stessa cura. E quando io gli dico la schietta verità, essere impossibile salvarsi la donna, e lo assicuro che ella è vinta dal male, egli sdegnasi ed infuria, e dice che l’è una mia scusa per cavarmene fuori ed abbandonare quella poveretta; ed incolpa me dell’impotenza dell’arte.
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