Gli avvenne quel che suole agli afflitti, che si sdegnano con chi lor dice liberamente la verità. Or io, secondo mio potere, difenderò dalle sue accuse e me stesso e l’arte.
E primamente comincerò dalla legge, in virtù della quale egli vuol diredarmi, affinchè sappia che egli adesso non ha più la potestà di prima. Non a tutti i padri, o padre mio, il legislatore concesse diredare tutti i figliuoli, e quante volte vogliono, e per ogni cagione; ma siccome lasciò questo sfogo libero all’ira dei padri, così provvide che i figliuoli non patissero ingiustizia. E però volle che questa pena non fosse data così ad arbitrio e senza giudizio, ma da un tribunale, e stabilì giudici che senz’ira e senza prevenzioni giudicassero il giusto; perchè sapeva che molti padri spesse volte si sdegnano a torto, e chi si fa persuadere da bugiarde suggestioni, chi presta fede ad un servo, o ad una donna che ti vuol male. Volle adunque che ci si faccia un giudizio, che non si condannino i figliuoli senza prima udirgli, che si dia loro un termine, una difesa, e non si lasci niente senza esamina. E giacchè s’ha a discutere, ed il padre è padrone solamente d’accusare, e voi, o giudici, dovete sentenziare se l’accusa è ragionevole, non considerate ancora il fatto che egli mi appone e pel quale è sdegnato, ma esaminate questa quistione: se egli, avendo una volta diredato, ed usato della facoltà che gli dà la legge, e compiuto quest’atto di patria potestà, e poi riaccettato il figliuolo, ed annullata la diredazione, se egli può più diredarlo.
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