Rimanti dunque a quest’ultimo, e statti al giudizio tuo: Sii padre: tu così volesti, così ti persuadesti, così stabilisti. Se io non ti fossi figliuolo per natura, ma per adozione, e tu volessi diredarmi, io crederei che neppure potresti: dappoichè ciò che da prima si poteva non fare, quando è fatto è ingiustizia disfarlo. Or chi ti è figliuolo per natura, e tu per tua scelta e tuo giudizio l’hai adottato, come sarebbe mai ragionevole discacciarlo, e privarlo più volte dell’unico diritto di famiglia? Se io fossi servo, e tu da prima credendomi cattivo, mi legassi; dipoi, persuadendoti che non ho fatto male mi lasciassi libero, potresti, se ti saltasse la mosca, tornarmi in servitù? No: chè la legge vuole questi atti essere fermi e rati per sempre. Adunque intorno al potere che costui non ha più di diredarmi, avendomi già diredato e poi spontaneamente raccettato, avrei molte altre cose a dire, pure le lascio.
Considerate ora chi son io, cui egli direda. Non dico già che allora ero ignorante, ed ora son medico, chè in questo l’arte non giova a niente; nè che allora ero giovane, ed ora sono provetto, e nell’età ho la presunzione di non aver fatto male, chè forse anche questo è poco. Allora egli benchè niente offeso da me, come io sostengo, ma neppure beneficato, mi scacciò di casa; ed ora che io sono stato suo salvatore e benefattore (si può dare maggiore ingratitudine?), che è salvato da me, scampato da tale pericolo, darmi tosto questo ricambio; non avere in nessun conto quella cura, ma scordarsene del tutto; sbandire chi poteva ben ricordarsi che fu ingiustamente scacciato, e non pure non se ne ricordò, ma ti salvò, e ti ridiede il senno?
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Sii
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