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      Non bisogna adunque innovarnulla, nè contro l’uso de’ nostri maggiori mettere la legge di giudicare rigorosamente le offerte, e cercar la geneologia di ciò che si manda, e donde viene, e da chi, e che è: ma riceverlo, e senz’altra briga consagrarlo; e così farem servigio al Dio ed ai divoti. A me pare, o Delfi, che voi prenderete un ottimo partito in questo affare, se prima ripenserete di quanti e quali cose si tratta. Si tratta primamente del Dio, del tempio, dei sacrifizi, delle offerte, dei vecchi costumi, delle antiche leggi, della gloria dell’oracolo; dipoi di tutta la città, del bene pubblico in generale, e del particolare di ciascuno; e sopra tutto della buona o della cattiva fama tra gli uomini. Di queste cose io non so, se voi che avete senno, ne conoscete alcuna più grande e più necessaria.
      Ecco dunque di che deliberiamo, non del solo Falaride tiranno, nè di questo toro, nè di solo bronzo, ma di tutti i re e di tutti i potenti che ora usano del tempio, di oro, di argento, e di altri doni preziosi che spesso saranno offerti al Dio: e noi prima d’ogni altra cosa dobbiam badare all’onore del Dio. Perchè dunque non facciamo come si faceva anticamente, come si è fatto sempre intorno alle offerte? che male vi troviamo da mutare i costumi antichi? e ciò che mai non è avvenuto tra noi da che abitiamo la città, e Apollo oracoleggia, e il tripode parla, e la sacerdotessa è inspirata, faremo ora, stabiliremo ora di esaminare e giudicar gli oblatori? Per quell’antico costume di permettere a tutti indistintamente di portare doni, vedete di quante ricchezze è pieno il tempio: tutti hanno offerto, ed alcuni hanno fatto doni al Dio maggiori delle loro forze.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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