Come questo paio di ribaldi, audacissimi e prontissimi ad ogni mal fare, si accozzarono fra loro, facilmente compresero che la vita degli uomini è tiranneggiata da due grandi cose, dalla speranza e dal timore, e che chi opportunamente può usare di una di queste, tosto diventa ricco: che ed a chi teme ed a chi spera è necessarissima e desideratissima la conoscenza dell’incerto avvenire: che così Delfo arricchì, così s’illustrarono Delo, Claro, ed i Branchidi, affollandosi in quei templi gli uomini, signoreggiati da quei due tiranni della speranza e del timore, e per bisogno di conoscere l’avvenire, vi sacrificavano le ecatombe, e vi appendevano mattoni d’oro. Ripensando insieme a queste cose, e mulinandovi sopra, determinarono di stabilire un tempio ed un oracolo. Sperarono che, se questo fosse loro riuscito bene, tosto sarieno ricchi e felici: e riuscì meglio di quello che s’aspettavano e speravano. Indi presero a considerare prima in qual luogo stabilirlo, poi il modo del cominciamento. Cocconate opinava che Calcedonia fosse il caso loro, città di gran traffico, sita fra la Tracia e la Bitinia, non lungi dall’Asia minore, dalla Galazia, e da tutti gli altri popoli più in là: ma Alessandro preferiva il suo paese, dicendo, come era vero, che queste imprese debbono essere cominciate e condotte tra genti grosse e sore, quali egli diceva che sono i Paflagoni di là d’Abonotechia, tutti superstiziosi e sciocchi, per modo che se pur veggono uno che menandosi dietro un sonatore di flauto, di timpano o di tamburello, predica la ventura con un crivello, come suol dirsi, tosto tutti gli si affollano intorno a bocca aperta, e lo riguardano come uno degl’immortali.
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