E perchè biasimar tanto Alessandro, se gli capitavano omicciattoli di sì buona pasta?
Dimandandogli costui un’altra volta, l’anima di chi egli aveva ricevuta, rispose così:
Prima fosti il Pelide, poi Menandro;
Or sei qual sembri: un dì sarai del soleUn raggio: ci vivrai centottant’anni.
Fattostà che morì a settanta anni di atra bile, e non aspettò la promessa fattagli dal dio e di propria voce.
Un’altra volta saltatogli il grillo di prender moglie, ne dimandò l’oracolo, che rispose apertamente:
Togli pure la figliuolaD’Alessandro e della Luna.
Il furbo aveva già sparso che la sua figliuola gli era nata dalla Luna: che la Luna era perduta d’amore per lui, avendolo veduto una volta dormire, come ella suole innamorarsi di tutti i bei garzoni che dormono. E quel gran senno di Rutiliano senza por tempo in mezzo mandò per la fanciulla, conchiuse il matrimonio, divenne sposo a sessant’anni, e consumò il matrimonio, offerendo intere ecatombe alla suocera Luna, e credendosi divenuto anch’egli uno dei celesti.
Come egli si assicurò delle cose d’Italia, levò l’animo a maggiori pensieri, e mandò suoi messi per tutto l’impero romano a spargere suoi oracoli, predicendo alle città pestilenze, incendi, terremoti, e promettendo l’aiuto suo, che salverebbe da tutti questi mali. In una pestilenza che afflisse tutte le genti, egli sparse questo oracolo autofono, che era un verso e diceva:
L’intonso Febo pestilenza sgombra.
Era a vedere queste parole dovunque scritte su le porte, come un rimedio contro la peste: ma per parecchi furono il contrario; chè per avventura appunto le case con la scritta furono vuotate e deserte.
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