E veramente si coricava in mezzo al tempio in atto di dormire, e a lui scendeva dalla volta, come dal cielo, invece della Luna una certa Rutilia bellissima donna, moglie di uno dei procuratori di Cesare, che veramente amava Alessandro e n’era riamata; e innanzi agli occhi di quel pecorone del marito si baciavano pubblicamente e si tenevano abbracciati; e se non ci fossero state tante faci avrian fatto di sotto qualche altra cosa. Dopo un poco entrava di nuovo Alessandro in paramenti di ierofante in gran silenzio, poi a un tratto gridava: Viva Glicone! E dietro gli venivano invece di Eumolpidi e di araldi certi Paflagoni, che con le suola allacciate ai piedi, e ruttando agli, rispondevano: Viva Alessandro! Spesso nella processione con le tede, e tra i mistici balli, mostrava ad arte una coscia che pareva d’oro, ricoperta forse d’una pelle dorata, che al lume delle faci splendeva. Però nacque una disputa tra due sciocchi che pizzicavano di saputi, se egli con la coscia avesse avuta anche l’anima di Pitagora, o pure una simile a quella: e portata la quistione allo stesso Alessandro, il Re Glicone in un oracolo sciolse il dubbio.
Di Pitagora l’alma or manca or cresce.
È figlia profezia della divina
Intelligenza, e la mandava il padreA conforto de’ buoni in su la terra.
Ed ella a Giove un dì farà ritorno,
Percossa dalla folgore di Giove.
Predicando a tutti di astenersi dall’amor dei fanciulli, come da cosa empia, odi arte che usava quest’uomo dabbene. Alle città del Ponto e della Paflagonia aveva ingiunto di mandargli ogni tre anni dei giovanetti che con lui cantassero le lodi del Dio, e dovevano essere scelti i più nobili, i più teneri, i più belli: li teneva chiusi, e li trattava come schiavi venduti a prezzo, giacendosi con essi, e disonorandoli.
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