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      Comandava l’oracolo di gettare nell’Istro due leoni vivi con molti aromati, e di fare magnifici sacrifici, e diceva così:
      Nei vortici dell’Istro, divo fiume,
      Si gittino due servi di Cibele,
      due lioni montani; e appresso quantiFiori ed erbe odorose India produce.
      Così tosto sarà chiara vittoria,
      Ed onor grande, e la bramata pace.
      Fatta ogni cosa appunto come egli aveva ordinato, i leoni nuotando uscirono all’altra riva, dove i barbari con bastoni li accopparono credendoli nuovi lupi: ma indi a poco i nostri toccarono una grande rotta, in cui morirono intorno a ventimila; e poi seguì il fatto d’Aquileia, la quale per poco non fu distrutta. Ed egli per questo avvenimento addusse per iscusarsi la fredda risposta di Delfo a Creso, che il dio aveva predetta la vittoria sì, ma non dichiarato se de’ Romani o dei barbari.
      Crescendo sempre più la folla delle genti che a lui correvano, e la città non potendo contenere la gran moltitudine che veniva a consultare l’oracolo, e mancando delle cose necessarie, egli escogitò gli oracoli detti notturni. Prendendo le polizze, vi dormiva sopra, come ei diceva; e come il dio gli parlava in sogno, ei rispondeva, non chiaramente, ma infruscato, intricato, confuso; massime se vedeva qualche polizza sigillata accuratamente; chè senza peritarsi, ciò che gli veniva in mente vi scriveva, credendo che ogni stranezza saria sempre oracolo. E per questo v’erano alcuni disfinitori, che facevano i più grassi guadagni sciogliendo e interpetrando gli oracoli. Questo ufficio si comperava, e ciascun disfinitore dava ad Alessandro un talento attico.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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