Ma quegli con molte lagrime persuase ai marinai di non farci alcun male, e voltosi a me disse: Per sessant’anni son vissuto sempre puro e senza una macchia, ed ora non vorrei a questa mia età, avendo moglie e figliuoli, lordarmi le mani con un delitto. E qui mi scoprì perchè ci aveva imbarcati, e la commissione avuta da Alessandro. Ci fe’ smontare in Egialo, di cui ricorda il buon Omero, e tornossene indietro. Quivi avvenutomi a caso in alcuni ambasciatori bosforani, che andavano al re Eupatore in Bitinia a portare l’annuo tributo, narrai loro il pericolo che avevamo corso, ed accolto cortesemente nella loro nave, giungo salvo in Amastri, dopo di essere stato sì vicino a morire. D’allora in poi anch’io me gli armai contro e il combattei di tutte le mie forze, per desiderio di vendicarmi. Già prima di questa insidia io l’odiavo, e l’abborrivo pe’ suoi costumi scellerati: onde mi deliberai di accusarlo, avendo molti che mi aiutavano, massime i discepoli del filosofo Timocrate d’Eraclea. Ma il governatore del Ponto e della Bitinia mi rattenne, quasi pregandomi e supplicando a rimanermene: dappoichè per amore di Rutiliano, egli non avria potuto punirlo, ancorchè chiarito colpevole. Così mi furono rotti i passi, e ristetti; chè ogni ardire saria stato infruttuoso con un giudice sì prevenuto.
E tra le altre temerità di Alessandro non fu grande quella di chiedere all’imperatore di mutare il nome di Abonotechia, e di chiamarla Ionopoli; e di coniare una nuova medaglia che in una faccia avesse l’immagine di Glicone, e nel rovescio quella di Alessandro con in capo le bende dell’avo Esculapio, e in mano la falce di Perseo, dal quale si vantava di discendere per madre?
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