E penso che anche ai leggitori questo libro parrà buono a qualche cosa, perchè e smaschera un’impostura, e conferma le opinioni degli uomini di senno.
XXXII.
DEL BALLO.
Licino e Cratone.
Licino. Giacchè dunque, o Cratone, questa terribile accusa, che credo avevi in petto da molto tempo, l’hai pur sfoderata contro il ballo e la mimica, e contro noi ancora che siamo vaghi di tale spettacolo, come di cosa vile e da donna, di cui facciamo grandissimo caso; ascolta quanto vai lungi dal vero e come t’inganni a biasimare il maggior bene di questa vita. Pure io ti scuso, chè tu adusato ad una vita austera, e tenendo per bene soltanto la durezza, hai creduto degne di biasimo cose che non conosci.
Cratone. Ma qual uomo che è uomo, caro mio, ed educato agli studi, e mediocremente versato in filosofia, lasciando, o Licino, di attendere a cose migliori e conversar con gli antichi, sta seduto a udir suonare i flauti, e vedere un uomo effeminato, che in molli vesti e in lascivi canti si vezzeggia, e rappresenta una donnetta innamorata, una di quelle antiche impudicissime, le Fedre, le Partenopi, le Rodope; e tutto questo a cadenze, a gorgheggi, a battuta di nacchere coi piedi? Oh, l’è cosa veramente ridicola, e affatto sconvenevole ad un uomo libero, ad un tuo pari! Ed io, avendo saputo che tu spendi il tempo a questo spettacolo, non pure mi sono vergognato per te, ma mi son dispiaciuto che tu, dimentico di Platone, di Crisippo e di Aristotele, ti stai come a farti solleticar le orecchie con una penna; mentre ci ha tante altre cose oneste a udire e vedere, se uno ne ha bisogno, i flautisti ambulanti, e i cantatori che cantano arie su la cetra, e specialmente la grave tragedia, e l’allegrissima commedia, che fanno parte anche dei giuochi.
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