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      Voglio ora descriverti quale dev’essere l’ottimo mimo e di animo e di corpo. Benchè dell’animo ti ho già detto assai, pure dico che ei dev’essere di buona memoria, ingegnoso, intelligente, acuto nel pensare, e specialmente pronto a cogliere l’occasione: di più saper ben giudicare di poesie e di canti, discernere le musiche migliori, scartare le mal fatte. Della persona poi te lo voglio formare secondo la regola di Policleto: non sia troppo alto e smisuratamente lungo, nè basso e nano, ma di giusta statura: non troppo grasso, chè così spiace, nè troppo secco, che paia uno scheletro e un morto. Ed a questo proposito voglio raccontarti certi motti d’un popolo che in queste cose è buon giudice. Quei di Antiochia, città ingegnosissima e assai intendente di ballo, vi hanno sì fine gusto che non si lasciano sfuggire parola o atto che sia. Presentatosi un mimo bassetto, ed atteggiando Ettore, tutti quanti a una voce gridarono: Questi è Astianatte: Ettore dov’è? Un’altra volta che uno molto lungo rappresentando Capaneo si avventava alle mura di Tebe, Scavalca il muro, gli dissero; non ci hai bisogno di scale. Ad un mimo grosso e grasso che squarciava gran salti. Deh, non isfondare il palco, dissero. E per contrario ad un mingherlino gridarono: Fa di star sano, come se ei fosse ammalato. Questo ti ho detto non per ridere, ma per farti vedere che anche le città intere ponevano grande studio nel ballo, sì che potevano dar regola del bello e del brutto in esso. Dipoi egli sia affatto agile, abbia il corpo svelto insieme e nervoso, da piegarsi, e rimaner saldo quando bisogna: perchè egli talvolta imita il gesto che s’usa nei giuochi, e la bella schermaglia di Mercurio, di Polluce e di Ercole nei certami atletici.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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