Dove cenasti iersera? forse da Onomacrito?
«Ed io: Gnaffe no; ma sono andato in villa e ben difilato, chè sai come son villano io; e voi altri credevate che io stessi giocare a scaricabarili(59)? Via su, rincásati, confettami coteste robe ed altro, e netta bene la madia, per impastarmi quattro frittelle(60). Io vo ad ugnermi prima del bagno.
«E Filino: Anche noi, cioè io ed Onomarco, e questo Ellanico qui ti seguiremo, chè già lo gnomone adombra mezzo quadrante, e v’è paura non ci laverem in acqua lorda dietro i Carimanti(61), rimpinzati tra la feccia del popolazzo.
«Ed Ellanico disse: Anche io ho un malvedere: che la pupilla mi si è ottenebrata, e ammicco sempre, e son lagrimoso, e gli occhi vogliono un medicamento, ed ho bisogno d’un Esculapiuccio dottordocchi, che mescendo e adattandovi un collirio, mi levi il rossore e le caccole, e questa nebbia che mi sta innanzi la vista.
«Fra cotali ed altrettali discorsi ci avviammo tutti insembre. Giunti nel ginnasio e svestitici, chi lottava a storcimani, chi a rovesciatesta, chi a lottaritta(62), altri pieno d’untume si stiracchiava, altri sbatacchiava il sacco dell’arena(63), ed altri le grosse palle del piombo fragorosamente lanciava. Ammaccatici ben bene, portatici l’un l’altro a cavalluccio, e fatto molto scherzo al ginnasio, io e Filino, che c’eravamo stufati(64), uscimmo; gli altri, che erano infrescati, capitombolavano come delfini, nuotando sott’acqua mirabilmente. Tornati su ognuno facevamo una cosa: io in mutande mi forbiva il capo con un forbitoio dentato, chè non ero raso in zucca, ma tonduto a cupolotto, avendomi da non molto schiomata la barba e il ciuffo; altri rosicchiava lupini, altri scaricava la ventraia, altri facendo cucchiaio d’un ravanello attigneva broda di pesce, altri mangiava frutte mezze, altri sorbiva orzate.
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Onomacrito Gnaffe Filino Onomarco Ellanico Carimanti Ellanico Esculapiuccio Filino
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