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      Panfilo. E perchè non mi dici la cagione della lite, acciocchè sappia anch’io che cosa ti ha mosso tanto a ridere?
      Licino. Sai bene, o Panfilo, che l’imperatore(74) stabilì una buona provvisione ai filosofi, per ciascuna scuola, agli stoici, ai platonici, agli epicurei, ai peripatetici ancora, eguale per tutti. Ora sendo morto un di loro, doveva supplirlo un altro, approvato dal suffragio degli ottimati. E il premio non era una bovina pelle, come dice il poeta, nè una vittima, ma un migliaretto ogni anno, con l’obbligo d’insegnare ai giovani.
      Panfilo. So questo; ed uno di essi dicesi che è morto poco fa, l’uno dei peripatetici, credo.
      Licino. E questa, o Panfilo, era l’Elena per la quale duellavan fra loro. E fin qui non c’era altro di ridicolo in essi, che spacciandosi di esser filosofi e spregiar le ricchezze, dipoi per queste, come se fosse per la patria in pericolo, per i patrii templi, e pei sepolcri degli avi, venire a contesa.
      Panfilo. Eppure è dottrina questa dei peripatetici,non spregiar troppo le ricchezze, ma tenere che esse siano un terzo bene.
      Licino. Hai ragione: così dicono; e secondo le patrie dottrine sono venuti a guerra. Or odi appresso. Molti altri ancora combattevano nei giuochi funebri di quel morto, ma la pugna batteva specialmente fra due, Diocle, quel vecchio rissoso che tu conosci, e Bagoa, che è creduto eunuco. La pruova del loro sapere era già finita, ciascuno aveva mostrata la perizia sua nelle dottrine, e come si tenea stretto alla scuola ed alle massime d’Aristotele, e, per Giove, l’uno non era migliore dell’altro.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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