Finito è il gioco, dispensatoreDe’ più bei premi al vincitore.
Il tempo chiama, non indugiamo;
ed astenendosi da ogni cibo, uscì di vita sereno e lieto come tutti l’avevan sempre veduto. Poco prima della sua morte uno gli dimandò: Per la sepoltura che disponi? Non ve ne curate, rispose; mi seppellirà il puzzo. E ripetendo colui: Ma che? non saria vergogna lasciar per cibo agli uccelli ed ai cani il corpo di un tanto uomo? Ed egli: Eppure non saria strano, se anche dopo morto potessi essere utile a cotesti animali. Nondimeno gli Ateniesi a spese pubbliche gli fecero il mortorio grande, lo piansero per molto tempo, rispettarono quel sedile di pietra sul quale quand’egli era stanco soleva riposarsi, e v’appendevano corone per onorare la sua memoria, credendo che fosse sacra anche la pietra su la quale egli si era seduto. Alle sue esequie andò tutta la cittadinanza, massime i filosofi che su le spalle lo portarono al sepolcro.
Queste poche cose tra molte io n’ho ricordate: e da queste chi leggerà potrà pensare che uomo egli era.
XXXVII.
GLI AMORI.
Licino e Teomnesto.
Licino. Con queste tue novelle d’amore, o mio caro Teomnesto, da stamattina mi hai ricreate le orecchie stanche dell’attenzione continua; ero proprio assetato di questo po’ di sollievo, che mi è venuto opportuno dai tuoi piacevoli ragionamenti. L’animo non può durar sempre teso ai nobili studi, ma vuole scaricarsi un po’ de’ pensieri gravi, e rinfrescarsi nei piaceri. Da che è spuntato il giorno, con la grazia e la festività dei tuoi racconti tu mi hai rallegrato; e quasi mi pareva di essere Aristide sollucherato dalle favole che gli contavano i Milesii; e mi dispiace, te lo giuro pe’ tuoi amori cui fosti un largo bersaglio, che tu hai finito di raccontare.
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