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      Il tempio ha un altro uscio per chi vuole vedere la dea anche dalle spalle, acciocchè sia ammirata tuttaquanta; e facilmente si può entrare per l’altra porta, ed osservare la formosità delle parti posteriori. Noi dunque volendo vedere tutta la dea, girammo dietro il tempietto; ed apertaci la porta da una donna che ne serbava le chiavi, rimanemmo subito abbagliati a quella bellezza. Per modo che l’ateniese che testè aveva rimirato in silenzio, come ebbe fissati gli occhi su quelle parti della dea, subito, più di Caricle impazzando, gridò: Oh! che bellezza di schiena! come quei fianchi pieni t’empirebbon le mani ad abbracciarli! come ben si rilevano e tondeggiano le mele, non molto scarse ed attaccate all’ossa, nè troppo grosse e carnose! e quelle fossette nell’una e l’altra anca sono una grazia che non si può dire; e quella coscia e quella gamba così ben tirata sino al piede sono di eccellenti proporzioni. Così è fatto Ganimede che mescendo a Giove in cielo gli rende più dolce il nèttare: chè quella Ebe, oh non vorrei io che ella mi porgesse bere. Mentre come un invasato Callicratide così gridava, Caricle, per lo grande stupore rimase immobile, e gli si imbambolarono gli occhi per la passione. Ma poi che cessò la prima maraviglia, vedemmo in una delle cosce una chiazza, come macchia in veste; che pareva più brutta per la candidezza del marmo. Io feci una ragionevole congettura, che la pietra fosse naturalmente così: chè anche in queste cose può la ventura: un’opera potrebb’essere di bellezza perfetta, e fortu


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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