Infine la soverchia passione gli tolse il senno, e con l’ardire sfogò il suo desiderio. Un dì al cader del sole, senza farsi veder da nessuno, si ficcò dietro la porta, e quivi rincantucciatosi, stette senza muover fiato: le tempiere secondo il solito si tirarono la porta di fuori, e rimase dentro il novello Anchise. Ciò che avvenne in quella nefanda notte come io o altri potrebbe narrarvelo? Degli amorosi abbracciamenti questi segni apparvero la mattina, e la dea ha quella macchia, per mostra dell’oltraggio che le fu fatto. Il giovane poi, come narra la voce del popolo, o che si gettò da una rupe, o che si annegò in mare, scomparve, e non se ne seppe mai più novella.
Mentre la tempiera così raccontava, Caricle interrompendole il discorso gridava: Dunque la femmina, anche di pietra, è amata: or che saria a vedere animata tanta bellezza? E quella sola notte non valse lo scettro di Giove? E Callicratide sorridendo, non sappiamo ancora, o Caricle, rispose, se di questi racconti ne udiremo molti altri quando saremo in Tespe. Ed ora questa Venere stessa che tu ammiri mi dà una chiara pruova. Quale? dimandò Caricle. E Callicratide mi parve che rispose a proposito: Il giovane innamorato avendo un’intera notte di tempo per poter saziare tutto il suo desiderio, si congiunse con la statua come si fa co’ garzoni, sapendo che neppur nella femmina è migliore la parte femminile. E qui facendo essi molte indiscrete ed imprudenti parole, io per acchetarli dissi: Amici miei, serbate moderazione nella disputa, come vuole la scienza e la buona creanza.
| |
Anchise Caricle Giove Callicratide Caricle Tespe Venere Caricle Callicratide Amici
|