Polistrato. E non t'informasti del nome, come si chiamava?
Licino. No: solamente so che è di Jonia. Perchè mentr'ella passava, uno dei tanti che la riguardavano voltossi ad un vicino, e disse: Eccoti la bellezza di Smirne: e non è maraviglia se la bellissima delle città joniche produsse questa bellissima donna. Mi parve anche di Smirne colui che parlava, tanto si gloriava di lei.
Polistrato. E tu l'hai fatta proprio da una pietra a non muoverti affatto, a non andarle appresso, a non dimandar quello smirnese, chi ella era. Almeno fammene una pittura, come puoi, con le parole; chè forse così la riconoscerò.
Licino. Pensi tu che cosa mi dimandi? Altro che parole ci vogliono, e poi le mie, per ritrarre un'immagine così mirabile, che appena o Apelle, o Zeusi, o Parrasio parrebbon da tanto, o pure se uno fosse Fidia o Alcamene. Io guasterò l'originale per manco di arte.
Polistrato. Pure, o Licino, dimmi che viso ella aveva. Chè non è un ardire pericoloso, se ad un amico ne ritrai l'immagine, comunque vada il disegno.
Licino. Ebbene per mettermi al sicuro voglio chiamare all'opera alcuni degli antichi artefici, affinchè mi rappresentino essi questa donna.
Polistrato. Che vuoi dire ora? o come ti aiuteranno essi, che son morti da tanti anni?
Licino. Facilmente; se non ti grava di rispondermi un po'.
Polistrato. Dimanda pure.
Licino. Sei stato mai, o Polistrato, nella città dei Cnidii?
Polistrato. Oh, sì.
Licino. Dunque hai certamente veduto la loro Venere?
Polistrato. Sì, per Giove! la più bella delle opere di Prassitele.
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