Queste cose ti dico da
parte di lei, e te ne prego anch'io, che ti sono amico e ti voglio bene.
Licino. Sei un orator sì valente, o Polistrato, ed io nol sapevo! Sì lunga diceria, e tale un'accusa hai sfoderata contro il mio scritto, che non m'hai lasciata neppure la speranza di difenderlo: ma una cosa avete fatta contro la legge, specialmente tu, a condannare il libro in contumacia, non presente il suo avvocato. Chi corre solo vince il palio, dice il proverbio: onde non è maraviglia se io ho persa la lite, non assegnatimi termini, non concedutami difesa. Ed il più nuovo è che voi siete accusatori e giudici. Che vuoi dunque che io faccia? accettar la sentenza e cagliare? o come il poeta d'Imera(106) scrivere una palinodia? o pure mi concederete di difendermi in appello?
Polistrato. Oh, se hai ragioni a dire, di': chè non tra avversari, come l'intendi tu, ma tra amici si farà tua difesa. Ed io stesso son pronto ad aiutarti in questa causa.
Licino. Una cosa mi dispiace, o Polistrato, che ella non è presente al mio discorso, chè saria meglio per me se fosse qui. Ora debbo fare una difesa per mandato. Ma se tu riferirai a lei le mie parole, come a me hai riferite le sue, io m'arrischierò su questo dado.
Polistrato. Per questo non dubitare, o Licino. Io non le rappresenterò male la tua difesa, se tu la farai breve, per ricordarmela meglio.
Licino. Eppure ci vorria discorso lungo contro un'accusa sì grave. Ma io lo stringerò per cagion tua. Adunque da parte mia riferiscile queste cose.
Polistrato.
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