E però un fanciullo dimenticheria piuttosto il nome del padre, che non sapere ciò che fecero Oreste e Pilade. E nel tempio su le pareti è rappresentato in antiche pitture quanto dice la colonna: Oreste che naviga con l’amico, poi, rotta la nave alli scogli, è preso, e parato di bende pel sacrifizio, e già Ifigenia si dispone a ferire le vittime: su la parete dirimpetto sta dipinto che ha rotti i legami, uccide Toante e molti altri Sciti; e infine salpano menando seco Ifigenia e la Dea. Gli Sciti assaltano la nave già messa alla vela, appendendosi ai timoni, e sforzandosi di montarvi, ma ributtati per tutto, alcuni feriti, altri spauriti tornano nuotando a riva. E qui specialmente uno vedria la prova del bene grande che si voglion tra loro, in questa zuffa con gli Sciti. Chè il dipintore ha rappresentato ciascuno dei due non curante i nemici che vengono addosso a lui, ributtar quelli che assaltano l’altro, tentare di pararsi egli innanzi ai dardi, aver per niente il morire purchè salvi l’amico, e i colpi scagliati all’uno pigliarseli l’altro nel suo corpo. Questo affetto sì grande, questa comunione nei pericoli, questa fede d’amicizia, questo verace e saldo amore scambievole, ci parvero cose non umane, ma di qualche divina intelligenza, superiore a molti di questi uomini, i quali finchè si naviga con buon tempo si sdegnano con gli amici se non han parte ai piaceri, ma quando spira anche un fiato contrario, fuggono e ti lasciano solo nei pericoli. Or sappi che niente gli Sciti pregiano più dell’amicizia, e di niente più si glorierebbe uno Scita, che di avere affrontata ogni fatica per un amico, e di aver con lui divisi i pericoli: come niente tra noi è più vergognoso che divenir traditore dell’amicizia.
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