Però noi onoriamo Oreste e Pilade, tanto prodi e tanto grandi nell’amicizia, che è il maggior bene che abbiano gli Sciti: e però noi li chiamiamo Corachi, che in lingua nostra significa come chi dicesse: i geni amici.
Mnesippo. O Tossari, non pure son buoni saettatori gli Sciti e prodi guerrieri, ma molto bellissimi parlatori. Io avevo altra opinione, ma ora mi pare che voi fate bene ad onorare così Oreste e Pilade. Io non sapevo, o valente uomo, che tu sei anche buon pittore: me l’hai fatte proprio vedere le dipinture del tempio d’Oreste; ed il conflitto, e le ferite che l’ uno si piglia per l’altro. Eppure non credevo che l’amicizia fosse in tanto pregio tra gli Sciti, come quelli che essendo inospitali e feroci stanno sempre fra nimicizie ed ire e sdegni, e non sentono amicizia nemmeno pe’ più stretti parenti: e credevo così per molte cose che n’ho udito a dire, e che si mangiano i padri poi che son morti.
Tossari. Oh, se noi più dei Greci siamo rispettosi e pii verso i nostri genitori, non voglio ora contendere con te: ma mi è facile dimostrarti che gli Sciti sono amici molto più fedeli dei Greci, e che più si pregia tra noi l’amicizia che tra voi. E per gli Dei della Grecia, non avere a male se io ti dico il concetto che m’ho formato di voi, tra i quali sto da molto tempo. Io credo che nessuno meglio di voi sapria parlare dell’amicizia, ma l’operare non corrisponde al parlare: vi basta lodarla, e mostrare che ella è un gran bene; ma nel bisogno rimanete bugiardi, e se si deve farne i fatti, fuggite.
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