Quando i vostri poeti tragici vi rappresentano su la scena le grandi amicizie, voi applaudite, battete le mani, vi mettete in quegli stessi pericoli, piangete; ma le belle azioni che voi applaudite non ardite di farle per gli amici vostri; anzi se ad un amico viene qualche sventura, subito come sogni se ne volano via quelle tragedie, e voi rimanete come le maschere vuote con una gran bocca aperta senza profferire una parola. Noi per contrario quanto vi cediamo in far parole dell’amicizia, tanto vi superiamo nel farne i fatti. Ora se vuoi, facciamo così: lasciamo da banda gli amici antichi, chè e voi e noi ne possiamo contare; e voi ci accoppereste, recando in mezzo i veraci testimoni dei poeti che in bellissimi versi celebrarono l’amicizia d’Achille e di Patroclo, di Teseo e di Piritoo, e di altri: ma prendiamone pochi dei nostri tempi, e raccontiamo ciò che hanno fatto, io gli Sciti, tu i Greci: chi di noi avrà raccontate più belle azioni, e mostrati più generosi amici, sarà vincitore, e darà la vittoria alla sua patria, dopo di aver combattuto in questo bellissimo e nobilissimo agone. Io per me, se fossi vinto in questo duello, vorrei aver troncata la mano destra, che è grande infamia tra gli Sciti, anzi che esser tenuto in amicizia da meno di un altro, e poi d’un Greco, io che sono Scita.
Mnesippo. O Tossari, non è impresa da pigliare a gabbo duellare con un guerriero come te, ben armato dell’acuta ed infallibile arma della parola: pure io non sarò sì vile da tradir la causa della Grecia, e ritirarmi.
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