Con questi danari Dinia ricomparve a Cariclea, e tornò bello ed amabile: tosto venne la fante, le letterine, e un rimprovero perchè da tanto tempo non v’era andato? e accorsero gli adulatori per ispigolare, vedendo che Dinia aveva ancora da rodere. Come gli fu data la posta per andare da lei, v’andò su l’ora del primo sonno, ed essendo dentro, Demonatte il marito di Cariclea, sia per sospetti, sia per accordo con la donna (che si dice l’una cosa e l’altra), esce d’agguato, comanda di chiudere l’atrio, e di prendere Dinia, e minacciando fuoco e battiture con la spada in mano va sopra l’adultero. Quegli vedendosi in mal punto, afferra un palo che per caso gli viene a mano, e con esso uccide Demonatte con un colpo in una tempia; poi inviperito corre su Cariclea, le dà e le ridà con quel palo, e con la spada di Demonatte la finisce. I servi che da prima erano rimasti muti ed allibbiti a tanto ardire, come si mossero per prenderlo e videro che egli li assaliva infuriato con la spada in mano, fuggirono; e Dinia se ne uscì dopo di aver fatta questa rovina. Sino al mattino stette in casa di Agatocle, parlando insieme dell’avvenuto, e di ciò che ne potrebbe seguire: ed ecco all’alba i soldati (già s’era fatto un rumor grande), i quali arrestano Dinia che non nega di aver commesso quell’uccisione, e lo menano al governatore che allora governava l’Asia: questi lo spedì all’Imperatore; e poco appresso Dinia tornò, confinato per sempre all’isola di Giaro, che è una delle Cicladi. Agatocle fu sempre con lui, con lui s’imbarcò per l’Italia, con lui comparve innanzi al tribunale egli solo di tanti amici, nè mai gli venne meno.
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