Ma dipoi per un ladro che morì nel carcere, e si credette di veleno, la guardia divenne rigorosa, e nessuno più entrò nel carcere. Per la qual cosa Demetrio smarrito, addolorato, e non trovando altro modo per essere con l’amico suo, vassene dal governatore; e si accusa di aver avuto parte anch’egli al furto di Anubi. Come disse questo, tosto fu menato in carcere; e messo vicino ad Antifilo (e questo appena e con molte preghiere l’ottenne dal custode, di star vicino ad Antifilo e legati ad un collare), quivi mostrò l’affetto che gli portava, non curando i dolori suoi quantunque fosse anch’egli ammalato, ma pensando solo all’amico, a farlo dormire un po’, e meno patire: e così uniti sopportavano più facilmente la loro sventura. Dopo alquanto tempo avvenne un caso che pose fine alle loro disgrazie. Un prigioniero, non so come procacciatasi una lima, e fatto accordo con molti, segò la catena che li legava l’un dopo l’altro passando pel collare di ciascuno, e li sciolse tutti: così uccisero facilmente le poche guardie che v’erano, e uscirono tutti insieme: poi chi qua chi là sparpagliatisi, ne furono ripresi molti. Demetrio ed Antifilo rimasero al loro posto, e trattennero anche Siro che se ne voleva andare. Come fu giorno, il governatore d’Egitto informato dell’avvenuto, spedì a dar la caccia ai fuggitivi; e fatti venire innanzi a sè Demetrio ed i compagni, li sciolse dalle catene, e li lodò che essi soli non erano fuggiti. Ma essi non si contentarono di essere rimandati così: e Demetrio gridava e s’arrovellava dicendo che era una grande ingiuria per loro esser tenuti per malfattori, ed avere la libertà per compassione e per premio di non esser fuggiti: infine sforzarono il giudice ad esaminar bene la loro causa.
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