E questi poi che li ebbe chiariti innocenti, lodatili, ed ammirato specialmente Demetrio, li liberò: e per ristorarli della pena ingiustamente patita, donò ad entrambi del suo, diecimila dramme ad Antifilo, e due tanti a Demetrio. Antifilo è ancora in Egitto: Demetrio lasciategli anche le sue ventimila dramme se n’andò in India fra i Bramani, dicendo ad Antifilo: Non t’incresca se io ti lascio; che nè io ho bisogno di ricchezze bastandomi il poco che ho, nè tu hai più bisogno di un amico, prosperando bene le cose tue.
Così i Greci, o Tossari, sono amici. E se tu non ci avessi appuntato che mettiam troppa boria nelle parole, io ti avrei contate le tante e belle cose che disse Demetrio innanzi al tribunale, per difendere non sè, ma il suo Antifilo; e come piangeva e pregava, e s’accollava egli tutta la colpa: finchè Siro flagellato li discolpò tutti e due. Fra tanti fatti t’ho contati questi pochi, che primi mi son venuti a mente, e sono di buoni e di costanti amici. Ora io lasciando il discorso, cedo a te la parola: tu bada che devi mostrarmi gli Sciti non inferiori a costoro nell’amicizia, ma migliori assai, se pure non t’importa di avere tagliata la mano destra. Su, móstrati prode: chè saria brutto per te, che se’ stato ingegnoso lodatore di Oreste e Pilade, parere fiacco oratore a difesa della Scizia.
Tossari. Bravo, o Mnesippo: tu mi dai queste spronate, come se non ti curassi che la puoi tu aver tagliata la lingua se sei vinto al parlare. Or io comincerò, e senza il bel discorso che hai fatto tu: che questo non è da Scita, massime quando i fatti parlano meglio delle parole.
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