Ora comincerò dal fatto di Dandamide avvenuto poco fa. Dandamide in un combattimento contro i Sarmati, che avevan fatto prigione Amizoco suo amico.... Ma prima debbo giurarti il giuramento nostro, come testè abbiamo stabilito. Giuro al Vento ed alla Scimitarra che io, o Mnesippo, non ti dirò bugia intorno agli amici Sciti.
Mnesippo. Per me non volevo che tu giurassi: ed hai fatto bene a non giurare per alcun dio.
Tossari. Che dici tu? Il Vento e la Scimitarra non ti paiono dei? Così dunque ignori che tra gli uomini non v’è cosa maggiore della vita e della morte? Quando noi giuriamo pel Vento e per la Scimitarra, per questo giuriamo: il Vento è cagione di vita, la Scimitarra fa morire.
Mnesippo. Quando è così voi dovreste avere molti altri iddii come la Scimitarra; chè il dardo, la lancia, la cicuta, il laccio anche fanno morire. La Morte è un dio di tante facce, e ci si va per tante vie!
Tossari. Vedi come vai trovando il pelo nell’uovo per interrompermi, e confondermi il discorso? Io mi sono stato zitto mentre parlavi tu.
Mnesippo. Non lo farò un’altra volta, o Tossari: hai ragione a sgridarmi: ma di’ pure: io tacerò come se non ci fossi.
Tossari. Era il terzo dì che Dandamide ed Amizoco s’eran giurata amicizia ed avevan bevuto insieme il loro sangue, quando vennero sul nostro paese i Sarmati, che eran diecimila cavalli, e i fanti si disse che furono tre volte tanti. Piombatici addosso all’improvviso, rovesciano tutti, uccidono quelli che combattono, fanno molti prigioni, e appena alcuno scampò passando a nuoto al di là del fiume, dov’era la metà del nostro esercito ed una parte dei carri: chè non so per qual consiglio dei nostri condottieri eravamo così accampati su le due rive del Tanai.
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