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      E i Sarmati stessi non poco si spaurirono, considerando quali uomini sarebbero stati costoro preparati a battaglia, se colti alla sprovvista avevan mostrato tanto animo: onde sopravvenuta la notte, lasciato molto bestiame, e bruciati i carri, si ritirarono fuggendo. Intanto Amizoco, non sostenne che egli avesse il vedere e Dendamide fosse cieco: onde anch’egli si acciecò: ed entrambi ora stanno sotto la protezione di tutti gli Sciti, nutriti a pubbliche spese con ogni specie d’onore. Un fatto come questo, o Mnesippo, voi altri potreste dirmelo, ancorchè ti fosse dato contarmene altri dieci oltre i cinque, ed ancorchè senza giurare, potessi foggiarteli a tua voglia? Eppure io te l’ho raccontato così alla semplice: se lo dicevi tu vi avresti messo di molta ciarpa, che preghiere fece Dandamide, come fu accecato, che disse, come tornò, con quali lodi lo accolsero gli Sciti, e tutta quell’arte che voi adoperate per farvi ascoltare.
      Odi ora un altro fatto egualmente bello, di Belitto cugino di questo Amizoco. Essendo a caccia con l’amico suo Baste, e vedendo costui rovesciato di cavallo sotto un lione, e il lione che abbrancatolo gli stava su la gola e con l’unghie lo sbranava, smonta anch’egli, percuote la belva di dietro, la tira aizzandola e sviandola contro di sè, e, non potendo altro, le mette le dita tra i denti per difendere Baste dai morsi. Finchè il leone lasciando quello mezzo morto, si volta a Belitto, l’abbranca, e l’uccide; ma egli morendo si vendicò, cacciando la scimitarra nel petto del leone.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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