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      — Giura, disse Loncate, che manterrai i patti, e non li ritratterai. Allora il re volgendosi al cielo voleva giurare, ma Loncate: Non qui, disse, perchè chi ci vede potria sospettare di che giuriamo: ma entriamo in questo tempio di Marte, e a porte chiuse giuriamo, che nessuno ci oda. Se Arsacoma ne avesse sentore, temo che mi sacrificherebbe prima della guerra, avendo già intorno una buona mano di gente. — Entriamo, disse il re: voi altri state da lungi, e nessuno venga nel tempio senza mia chiamata. — Poichè furono entrati, e ritirate le guardie, Loncate cavando la scimitarra e mettendogli l’altra mano alla bocca per non farlo gridare, lo ferisce alla mammella; poi troncatogli il capo, e tenendolo sotto la clamide, esce facendo le viste di parlare ancora al re, e dirgli: vado, vado, e tornerò subito. E così pervenuto al luogo dove aveva lasciato il cavallo legato, vi monta, e sprona per la Scizia. Non fu seguitato, perchè i Bosforani per molto tempo non seppero il fatto, e quando se n’accorsero si levarono a rumore per iscegliere novello re. Questo fece Loncate, mantenne la sua promessa, e diede ad Arsacoma il capo di Leucanore. Macenta poi avendo udito per via l’accaduto nel Bosforo, giunto tra i Maclui, fu il primo ad annunziare la morte del re, e disse: La città, o Adimarco, ti chiama al regno, come genero del re: onde corri ad insignorirtene mostrandoti in mezzo a quello scompiglio. Appresso a te sovra i carri venga la giovane, chè così più facilmente molti Bosforani saranno dalla tua, vedendo la figliuola di Leucanore.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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