In questa si trovavano Loncate e Macenta, ambo feriti gravemente, Loncate di una clava che gli aveva fracassata una gamba, e Macenta di una scure nel capo, e di una lanciata in una spalla. Accortosi di questo Arsacoma, che era tra noi altri, vergognando di lasciare così gli amici suoi, dà di sproni al cavallo, e con terribile grido ed émpito assalta i nemici brandendo la scimitarra; onde i Maclui non sostenendo quella furia si apersero e gli diedero la via. Ei soccorse gli amici, e rannodati e rattestati molti, scagliasi sopra Adimarco, e percossolo con la scimitarra, presso al collo, lo spaccò sino alla cintura. Caduto lui, i Maclui vanno in rotta, poco dopo gli Alani, infine i Greci: e noi vincitori li avremmo tutti sterminati se non fosse sopraggiunta la notte. Il giorno appresso vennero messi da parte dei nemici per fare la pace: i Bosforani promisero di pagarci doppio tributo; i Maclui di darci ostaggi; e gli Alani, in compenso dei danni fattici, di ritornare al nostro giogo i Sindiani, che da molto tempo l’avevano scosso. Accettammo queste profferte, approvate prima da Arsacoma e da Loncate. Fu fatta la pace, ed essi ne regolarono tutti i patti. Questo, o Mnesippo, ardiscon di fare gli Sciti per gli amici loro.
Mnesippo. Oh! questa è una tragedia, o Tossari, anzi pare una favola. E col permesso del Vento e della Scimitarra da te giurati, se uno non la credesse forse non saria troppo da biasimare.
Tossari. Bada che cotesta tua incredulità non sia invidia. Non mi sgomenti se tu non credi, nè mi svolgi dal narrarti altri fatti che io so degli Sciti.
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